E così, il nostro emigrante fuggì dalla mafia calabrese, portando con se quel seme di mafiosità che contraddistingue tutti i calabresi. Parlo così perché, fortunatamente, i miei geni mafiosi sono bilanciati dal gene di tipo “verde padanus” (grazie mamma!) e sono quindi da considerare soggetto a basso rischio di contagio da mafia calabrese (quanti di questo sito possono vantare la stessa fortuna!?!?!). Mio nonno partì con “3 soldi” (non mi è dato di sapere quanto valesse 1 soldo…) e ne investì due per comprare una cazzuola. Voleva realizzare il suo sogno di poter lavorare ma, gli emigranti del Sud che volevano essere assunti, dovevano arrivare sul cantiere con i propri strumenti, non potevano usare quelli di tutti. Lavorò un mese, la paga era troppo bassa per pagare l’affitto condiviso e così decise di appendere la cazzuola al chiodo e fare quello che aveva sempre fatto: lavorare la terra. Quando sei povero non hai altro sogno che mangiare e poter sfamare la tua famiglia. Riuscì a far “venire su” prima un fratello e poi l’altro, poi, finalmente, tutta la famiglia. Realizzò un altro sogno. Comprò una spazzola magica che moltiplicava le scarpe per tre: lavorava tutti i giorni con un paio di scarpe da lavoro poi dava un colpo di spazzola prima di entrare in casa e le scarpe si trasformavano in scarpe “da tutti i giorni”. La domenica mattina presto bastava un altro colpo di spazzola (e una lucidata) per ottenere le “scarpe della domenica”. Si montava in sella alla bici, la nonna seduta sul tubo e mio papà sul manubrio, e si scendeva a tutta velocità da Vallecrosia vecchia sino al mare. Il ritorno era un’altro discorso: si prendeva “il treno delle due (gambe)” e si tornava a casa.
8 luglio 2013 – Albino Dicerto