La Corte dei Conti riconosce la validità delle società in house e quindi autorizza la Civitas a proseguire il suo cammino

La Corte dei Conti chiarisce l’interpretazione normativa e nell’affermare che le società in house, come la Civitas, non devono essere messe in liquidazione per legge, rafforza il loro ruolo. Il caso esaminato dai Giudici contabili tornerà molto probabilmente d’attualità quando la terna dei Commissari lascerà Ventimiglia e si potrà finalmente vedere se sono stati creati danni, eseguendo spese notarili, amministrative e gestionali non dovute, non necessarie ma realizzate solo per giustificare a posteriori atti e accuse non fondate, dallo scioglimento del Consiglio Comunale in avanti.

Non si possono spendere soldi dei cittadini solo perchè qualcuno non è riuscito a capire che cosa sia la Civitas, questi burocrati non attenti e impreparati  (anche comprensibilmente) sulle complesse problematiche normative delle società in house, non godono di immunità assoluta e la Corte dei Conti potrebbe intervenire. E in questo caso non mi riferisco in particolare ai commissari ventimigliesi ma a chi da loro indicazioni in tal senso.

Non è corretto e giusto continuare a fare danni per aggiustare i danni fatti in precedenza.

13 luglio 2013 – Marco Prestileo

Segue il parere, molto tecnico ma chiarissimo, della Corte dei Conti.

Deliberazione 17/06/2013, n. 53 – Corte dei Conti – Sez. controllo Liguria

Parere in ordine alla corretta interpretazione dei commi 1 e 8 dell’art. 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135

 Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per la Liguria, deliberazione 17 giugno 2013, n. 53

 PREMESSO

 Con istanza in data 29 aprile 2013, prot. 60/Gab trasmessa dal Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali della Liguria con nota n. 33 del 29 aprile 2013 – assunta al protocollo della Segreteria della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria il 30 aprile 2013 con il n. 00001988- 30/04/2013-SC_LIG-T85-A – il Commissario Straordinario della Provincia di Genova ha formulato una richiesta di parere in ordine alla corretta interpretazione dei commi 1 e 8 dell’art. 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135, chiedendo in particolare se alle società strumentali in house debba applicarsi il comma 8 dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, che consente l’affidamento diretto di servizi a favore di società a capitale interamente pubblico nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house, ovvero il comma 1 del medesimo articolo, che impone all’ente locale alternativamente la vendita a gara (entro il 30 giugno 2013) o la messa in liquidazione (entro il 31 dicembre 2013) delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento.

La Provincia, nel formulare la richiesta di parere, precisa che il quesito muove da una fattispecie nella quale la società affidataria del servizio è una società strumentale dell’ente locale (con compiti connessi alla formazione professionale) e presenta le caratteristiche della società in house in quanto società a capitale interamente pubblico e soggetta al controllo analogo.

Secondo la prospettazione della Provincia, le società in house ricadrebbero nella disciplina di cui al comma 8, giacché l’apparente contrasto tra il comma 1 ed il comma 8 dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012 troverebbe soluzione nel criterio ermeneutico del rapporto di genere a specie che collega le due norme, intendendosi il comma 8 come disciplina speciale e alternativa rispetto al comma 1.

A sostegno della tesi prospettata, la Provincia richiama sia la natura della società in house, che nella sostanza costituisce un’articolazione dell’ente pubblico, sia la ratio del citato comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, che, nel prevedere lo scioglimento delle società strumentali controllate con un fatturato a favore del pubblico superiore al 90%, ha come fine la tutela della concorrenza, eliminando quelle società controllate che pur svolgendo, di fatto, le proprie attività in via esclusiva per il socio pubblico non rispondono a tutti i requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house.

 CONSIDERATO IN DIRITTO

 1. La richiesta di parere all’odierno esame tende sostanzialmente ad ottenere una valutazione, in relazione alle società strumentali in house, sulla corretta interpretazione dei commi 1 e 8 dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, che impone, da una parte, all’ente locale alternativamente la vendita a gara (entro il 30 giugno 2013) o la messa in liquidazione (entro il 31 dicembre 2013) delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento (comma 1) e consente, dall’altra, l’affidamento diretto di servizi a favore di società a capitale interamente pubblico nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house (comma 8).

2. In via preliminare, osserva il Collegio che la richiesta di parere è da considerarsi ammissibile sotto il profilo soggettivo e procedurale, in quanto è stata sottoscritta dall’organo legittimato a rappresentare l’Amministrazione ed è stata trasmessa tramite il Consiglio delle Autonomie Locali della Liguria, nel rispetto, cioè, delle formalità previste dall’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131.

La stessa può ritenersi parimenti ammissibile sotto il profilo oggettivo della attinenza del quesito alla “materia della contabilità pubblica”, giacché il quesito è formulato in relazione all’applicazione di norme che pongono precisi obiettivi di finanza pubblica.

3.1. Nel merito, occorre richiamare i commi 1 e 8 dell’art. 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135.

Il comma 1 prevede che “nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell’intero fatturato, si procede, alternativamente … allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013 … ovvero all’alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, non rinnovabili, a decorrere dal 1° gennaio 2014”.

Il comma 8 del medesimo articolo prevede che “a decorrere dal 1° gennaio 2014 l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house”.

3.2. Della portata applicativa dei commi 1 e 8 dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, ed in particolare dell’ipotizzato contrasto tra le disposizioni citate, è stata investita con analoga richiesta di parere la Sezione regionale di controllo per la Puglia, la quale, con la deliberazione n. 94 del 2013, ha ritenuto di sospendere il proprio giudizio nelle more della decisione della Corte costituzionale sui ricorsi presentati, in via principale, dalle Regioni Lazio, Veneto, Campania, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Puglia, che hanno denunciato l’illegittimità costituzionale dell’intero articolo 4 del d.l. n. 95 del 2012 in relazione agli artt. 119, 123 e 117 della Costituzione sul presupposto che la normativa statale sarebbe lesiva dell’autonomia organizzativa e finanziaria riconosciuta dalla Carta costituzionale alle Regioni e agli enti locali nonché della competenza legislativa residuale delle Regioni.

3.3. Prescindendo dalle questioni di legittimità costituzionale sollevate dinanzi alla Corte costituzionale, le quali esulano dall’ambito di cognizione della Corte dei conti e non interferiscono con lo specifico quesito posto dalla Provincia, ritiene il Collegio che il quesito prospettato possa trovare soluzione alla luce del criterio ermeneutico secondo cui la norma speciale deroga alla norma generale.

Come prospettato dalla Provincia, le società in house ricadrebbero nella disciplina di cui al comma 8, intendendosi il comma 8 come disciplina speciale e alternativa rispetto al comma 1.

Ciò risponde sia alla natura della società in house, che nella sostanza costituisce un’articolazione dell’ente pubblico, sia alla ratio del citato comma 1, che ha come fine la tutela della concorrenza, eliminando quelle società controllate che pur svolgendo, di fatto, le proprie attività in via esclusiva per il socio pubblico non rispondono a tutti i requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house.

La ricostruzione prospettata dalla Provincia troverebbe conferma anche nella più recente giurisprudenza amministrativa in cui si afferma che la disposizione in commento “restringe l’obbligo di dismissione entro limiti precisi, lasciando per il resto alle società che svolgono anche servizi strumentali la possibilità di proseguire” (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II sent. 21.02.2013, n.196).

Una diversa interpretazione delle norme condurrebbe, d’altronde, ad una soluzione illogica sul piano ordinamentale, rendendo non solo inutile la disposizione di cui al comma 8 ma rendendo di fatto anche operativa la soppressione nell’ordinamento nazionale di un istituto quale la società in house che è di derivazione comunitaria.

3.4. Ritiene, pertanto, il Collegio che alle società strumentali in house debba applicarsi il comma 8 dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, che consente l’affidamento diretto di servizi a favore di società a capitale interamente pubblico nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house, anziché il comma 1 del medesimo articolo, che impone all’ente locale alternativamente la vendita a gara (entro il 30 giugno 2013) o la messa in liquidazione (entro il 31 dicembre 2013) delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento, trattandosi per il comma 8 di disciplina speciale rispetto alla disciplina generale del comma 1.

 P.Q.M.

 nelle esposte considerazioni è il parere della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria sulla richiesta avanzata dalla Provincia di Genova. Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, a cura del Funzionario Preposto all’attività di supporto della Sezione, al Commissario straordinario della Provincia. Così deliberato in Genova nell’adunanza del 17 giugno 2013.

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