L’arte di allenare e’ un mestiere italiano, governare no

Sul’onda dei numerosi successi olimpici dei nostri atleti in quel di Rio 2016, pubblico questo divertente (sob!), pezzo di Salvatore Tramontano da Il Giornale di mercoledì 17 agosto scorso. Un’analisi dal taglio ferragostano ma pur sempre connotata da una certa amarezza di fondo, tipica del modo di fare italico, fra grandi eccellenze e pessime figure……Buona lettura! Bea.


“Gli allenatori italiani sono ormai un marchio riconosciuto del made in Italy, come le scarpe e la cucina. Ma quello che manca alla politica di questi tempi è soprattutto una visione. E il coraggio….
L’arte di allenare è un mestiere italiano. Non si conta, ma si pesa, perché è qualcosa di più di una moda passeggera.
È qualcosa che risale ai capitani di ventura, gente di armi e di mestiere, che sapeva come chiedere agli uomini più del possibile, chi con la frusta e chi con il sorriso, con il carisma, ma con la capacità di immaginare quello che sarebbe accaduto, maniacali nelle tattiche, perché non è prudente affidarsi troppo alla fortuna. Gli allenatori italiani piacciono al mondo, e il mondo li importa, li chiama, perché bene o male ci mettono la faccia, perché da secoli conoscono il fattore umano, perché fanno le imprese che non ti aspetti, perché non si fidano mai dell’avversario, perché soprattutto sanno fare squadra e se sbagliano lo fanno da professionisti.

I Conte, gli Ancelotti, i Ranieri, i De Biase, i Mazzarri, i giramondo come Walter Zenga sono ormai un marchio riconosciuto del made in Italy, come le scarpe e la cucina. Non è solo una questione di vittorie, ma di visione della vita, di quel finto cinismo carico di sogni e passione. Gli allenatori italiani inventano scenari e ci giocano a scacchi. Non sono in genere integralisti e quando le cose vanno male ricorrono al buon senso. Qualche volta cercano alibi, ma in privato non si fanno sconti. È gente che sarebbe piaciuta a Machiavelli, non perché il fine giustifica i mezzi (non lo ha mai detto) ma perché incarnano lo spirito della politica.

Allenare è come governare, ma senza il santo fardello della democrazia. Allenare chiama in causa la leadership, che è fatta di visioni e di gestione, di uomini e progetti. Eppure noi, così bravi a governare in panchina, annaspiamo nel trovare capi di partito e amministratori. Ci facciamo incantare da un parolaio che si veste da rottamatore. È un paradosso che inglesi, francesi e tedeschi ci rimproverano e non capiscono. Non li si può biasimare, perché quello che manca alla politica di questi tempi è soprattutto una visione, dare un significato concreto alle azioni di governo, immaginare mondi possibili. Manca questo e manca il coraggio. Manca il buon senso. Forse perché di questi tempi la politica attira e seleziona un’altra schiatta di antica professione, non i capitani di ventura, ma i cortigiani”.

21 agosto 2016 – Bea M. –

 

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