Quando l unico modo di fermarti è accoltellarti alle spalle e bloccare volutamente la passerella !

In primo piano

Esclusiva!
Tano con finanziamento e capitolato d’appalto pronti mentre viene trascinato per i piedi e accoltellato 72 giorni dopo la conclusione positiva della Conferenza di Servizi decisoria in forma semplificata e modalità asincrona concernente l’approvazione del progetto definitivo per la realizzazione di una passerella ciclopedonale sul fiume Roja, messa in sicurezza degli argini nel tratto terminale e riqualificazione urbana.
Tutti i diritti riservati.Bruno Giri

Gli Inquisitori della Santa Lega Carbonara Intemelia hanno accoltellato fra Gaetano Giordano Bruno Scullino.

In primo piano

Uno dei capi d’accusa postumi contestati a Tano dalla cellula carbonara intemelia che il 23 giugno scorso lo ha pugnalato alla schiena è quello di “schizofrenia migratoria”.
Sindrome psichiatrica da lui manifestata sotto forma di deliri e di allucinazioni nella accoglienza degli alieni, attività che come è noto non spetta al Comune ma che rientra nella competenza esclusiva dello Stato.
Nello specifico il sindaco-nostromo senza sentire il comandante leghista del brigantino e all’insaputa della ciurma è colpevole di aver abbassato lo scalandrone e di aver fatto salire a bordo il Prefetto Armando Nanei per un sopralluogo alle stive dove accogliere gli alieni.
Per molto meno Nelson ha impiccato l’ammiraglio Caracciolo, reo di essersi ribellato al Borbone.
Tano addirittura ha osato ammutinarsi alla Regia Lega di lotta e di governo, dunque giustizia andava fatta!

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Oggi è il 28 ottobre 2022, centenario della marcia su Roma, un giorno che mi ricorda le parole di Emilio Lussu nel libro da lui intitolato a quel “suicidio parlamentare” e “dintorni”: “Il mondo non va né a destra né a sinistra. Il mondo continua a girare attorno a sé stesso, con regolari eclissi di sole e di luna.”
Non so quale dei due astri paragonare Tano, però l’astronomo politico che è in me sa per certo che la sua eclisse terminerà presto mentre la rivoluzione di Ventimiglia intorno al proprio asse prosegue tranquilla nonostante gli sciami di meteoriti, alcuni cadenti altri all’arrembaggio.
L’onda lunga del cataclisma politico del 25 settembre sull’immigrazione non è ancora arrivata da queste parti e “la tranquillité régne à Varsovie” per dirla con Horace Sebastiani che riferiva sull’ennesima invasione russa in Polonia.

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Però tutti noi abbiamo ascoltato le parole del Presidente del Consiglio che in chiusura del suo discorso programmatico ha toccato il tema degli sbarchi degli alieni.
Ha assicurato “in alcun modo [di non voler] mettere in discussione il diritto d’asilo per chi fugge da guerre e persecuzioni” e di avere come unico obbiettivo “impedire che sull’immigrazione l’Italia continui a farsi fare la selezione in ingresso dagli scafisti”.
Lo ha fatto riesumando la terza fase dell’Operazione EU “Sophia” del 2015 per addolcire la brutale e disumana espressione di “blocco navale” dei Fratelli d’Italia in versione elettorale citando la formula di un precedente comunitario meno sgradevole.
Si tratta di una vecchia iniziativa, subito fallita, di contrasto militare al traffico di vite umane in terra e in mare all’interno delle acque territoriali nazionali, da eseguire attraverso la distruzione delle imbarcazioni e delle strutture logistiche nelle basi di partenza dei trafficanti.
Però doveva compiersi previa risoluzione ONU e col consenso degli Stati costieri interessati, condizioni all’epoca venute entrambe a mancare.
Fin qui per ciò che riguarda l’ingresso degli alieni sul pianeta EU, ma a Ventimiglia loro non sbarcano sul lungomare e alle Calandre, sono già sbarcati o entrati da altri pertugi di frontiera e ci arrivano dopo una odissea lungo lo stivale, sono di passaggio, in transito verso la Francia che però li respinge.
E qui casca l’asino.
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È cascato quando il Presidente del Consiglio ha proseguito integrando il suo programma con “la creazione sui territori africani di hotspot, gestiti da organizzazioni internazionali, dove poter vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto ad essere accolto in Europa da chi quel diritto non ce l’ha.”
Azz! Mi sono detto, ma è ciò che Tano lo Schizofrenico stava facendo “sui territori intemeli” quando è stato accoltellato!
Mi ricordo bene tutto.
L’anno scorso qualcuno al Viminale doveva aver scoperto che gli alieni sono esseri umani e deve averlo rivelato alla Lamorgese la quale a novembre aveva impartito il “contrordine, compagni!” a Michele Di Bari, capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, cioè la stessa persona che l’anno prima aveva chiuso il Campo Roya con dentro 500 alieni dispersi allo stato brado come i cinghiali.
Poco dopo a Roma al dipartimento ci sarà il cambio della guardia con l’arrivo di Francesca Ferrandino mentre lo stesso avverrà a Imperia tra il prefetto Alberto Intini e il suo successore da Armando Nanei.
Avvicendamenti che hanno contribuito ad accelerare la traduzione in pratica dell’idea di Tano, Toti, Berrino e Scajola jr di un hotspot nel rio Sorba alla Mortola “dove poter vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto ad essere accolto in Europa da chi quel diritto non ce l’ha” come oggi il Governo intente fare in Africa.

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Per quella idea sacrilega e eretica maturata in nome dell’articolo 13 della Costituzione e dell’articolo 5 della Convenzione Europea dei Diritti Dell’Uomo, cioè dell’“habeas corpus” degli alieni riconosciuti come esseri umani e non selvaggina gli Inquisitori della Santa Lega Carbonara Intemelia hanno accoltellato fra Gaetano Giordano Bruno Scullino.
Però gli hanno risparmiato il rogo ed è qui che hanno sbagliato, perché prima o poi l’eclisse finisce e a Campo dei Fiori di Ventimiglia gli elettori stanno già preparando il suo monumento, ma da vivo.

Bruno Giri

Difficoltà digestive e parallelismi calcistici ……..

In primo piano

A cena ho mangiato pesante e questa notte ho sognato la Yalta “de noantri”.
Al posto di Churchill, Roosevelt e Stalin a spartirsi le aree di influenza di Partito in Italia c’era la terna del “C.U.”, del Centrodestra Unito uscita vittoriosa sulla terna del “C.S.” il Centrosinistra Separato in casa.
“Marciare divisi e governare uniti”, nel mio sogno era la parola d’ordine maoista dei tre vincitori e il bastone di comando, come per Palazzo Chigi, spettava a quel Partito della terna che localmente aveva ottenuto nell’ultima elezione la più alta percentuale di voti.
Fin qui erano le fasi intermittenti di sonno profondo REM, ma tra una e l’altra si sono succeduti gli incubi nel leggere il Manifesto delle Razze inferiori sugli apolidi dei movimenti civici.
Praticamente a Ventimiglia nel 2023 veniva azzerato il fattore civico “T” come il Tano del 2019 e il coltello per il manico tornava in mano a uno dei tre Partiti politici di “Centrodestra Unito” che sceglieva tra le sue file il candidato sindaco.

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Tradotto in cifre la Lega Carbonara, quella che ha accoltellato Tano, nel mio sogno REM consegnava a Fratelli d’Italia il testimone della staffetta 2019/2022, e questo perché il precedente rapporto tra di loro che nel 2019 era stato di 20,73 % a 9,62 % nelle ultime elezioni era diventato di 18,97 % a 32,48 % grazie all’effetto “B” come Berrino.
Tradotti anche i miei incubi in cifre, il candidato sindaco espresso dalla la terna “C.U.” col 60 % di croci su uno dei tre simboli, al netto del dimagrimento fisiologico di circa il 10 % col passaggio dalle elezioni politiche a quelle amministrative ma con l’aggiunta di “Noi moderati” che ha un deputato ligure e il Presidente di Regione, era sicuro di essere eletto sindaco al primo turno.
Insomma, una nottataccia.

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Al risveglio ho trovato sull’iPhone il discorso integrale del Presidente Meloni spedito da un fratello d’Italia, mi sono messo nei panni del terminale ligure, monocratico o collegiale non saprei, di quel Partito vincitore al “Gratta & Governa” in quel di Ventimiglia e mi sono sentito come colpito da improvvisa ricchezza da investire nella squadra di calcio del Centrodestra unito che, grazie a campioni di alto profilo punta allo “Scudetto del Buongoverno” della Nipotina di Luigi Einaudi.
Altro che mezze calzette e debuttanti dalle belle speranze che in questi giorni sfilano in passerella sui social nel concorso “Toto-Sindaco” per candidare uno da mettere alla testa della fantomatica Federazione Brancaleone di liste civiche!
Ignorano che la posta in gioco per il Centrodestra Unito è alta perché dopo la lunga marcia della Nipotina di Mao per arrivare a Palazzo Chigi si troverà di fronte al primo collaudo elettorale della strategia unitaria sul territorio.
E qui casca l’asino del Fanta calcio.

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Tano a Ventimiglia oggi è come Benzema a Madrid, “Pallone d’Oro” alla testa di una squadra di eccellenza, e come è successo per il Chelsea di Abramovich e in questi giorni per la Sampdoria si trova sul calcio mercato a parametro zero come usato sicuro.
Ha percorso alla grande l’intero “Cursus Honorum” amministrativo e politico in parallelo a una impegnativa attività imprenditoriale.
Consigliere comunale, capogruppo e assessore socialista tra il 1990 e il 1995, con la discesa in campo del Cavaliere si è arruolato in “Forza Italia” e da allora fino al 2012 con la maglia azzurra ha vinto tutto, sindaco e consigliere regionale in particolare e tutto il resto immaginabile.
Dopo una parentesi giudiziaria di sette anni sabbatici conclusa con tante scuse e risarcimenti morali nel 2019 è eletto sindaco al primo turno da indipendente e il 23 giugno 2022 è stato accoltellato da tre carbonari leghisti che hanno messo la loro firma sotto le sei firme PD in un documento di dimissioni per sciogliere il Consiglio comunale.
I Presidenti Pertini e Ciampi gli hanno conferito alte onorificenze della Repubblica e lo stesso ha fatto S.A.S. Principe Alberto II di Monaco dal quale è stato insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine di Saint Charles.
Diceva Vujadin Boskov che un grande giocatore vede autostrade dove altri vedono solo sentieri e Tano negli ultimi tre anni di gol ne ha segnati tanti e altrettanti assist ha ricevuto da lui la Giunta regionale e in particolare gli assessori Piana, Berrino e Scajola.
Queste in sintesi sono le sue credenziali e quotazioni nel Fanta calcio di questi giorni a Yalta.
Con due sole variabili contrarie, una che il “C.U.” decida di suicidarsi, voli basso, incappi in ruggini e beghe da comari di paese e nel gioco della roulette russa finisca con lo spararsi nei coglioni nel ballottaggio, e l’altra che scenda in campo un campione alla testa di una squadra più forte del Real Madrid.
Ma non riesco a vederla.

Bruno Giri

Ho visto cose, che voi umani non potreste immaginarvi

In primo piano

Non ci sono più i pifferai di una volta.

Le masse di De Gasperi, di Togliatti e di Almirante oggi si disperderebbero in mille rivoli, ognuno dietro il suo incantatore.
Le variazioni tra i loro spartiti sono minime, arrivano a differenziarsi su dettagli insignificanti che toccano la sensibiltà o l’interesse dei proverbiali quattro gatti.
Però, consoliamoci, è un fenomeno cosmico.
Le masse informi e ebeti in un primo tempo dovevano essere liberate, poi subito dopo evangelizzate, civilizzate e educate e ultimamente avrebbero dovuto essere emulsionate in una poltiglia universale per sentirsi felici e contente grazie al Great Reset e alla globalizzazione.
Oggi invece la maionese è impazzita e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, a cascata da Davos a Bruxelles, da Roma a Genova fino a Ventimiglia, ultima barriera prima della mitologica liberazione delle masse migranti in transito, del loro riscatto e della loro felicità in terra.

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Qui, sulle sponde del Roya, c’è il tappeto sotto il quale finiscono alcune delle contraddizioni che hanno portato a tutto questo.
Dissonanze che nella diaspora del buonsenso trovano sempre il ritornello giusto da far suonare a un nuovo pifferaio.
Eppure una tregua a questa cacofonia cittadina sarebbe possibile, anzi si impone a una comunità che ha formidabili opportunità di prosperità e di benessere di fronte a sé.
Qualche punto fermo in questa direzione Tano lo stava ottenendo prima di essere accoltellato ma da quel momento in poi i pifferai si sono moltiplicati nel suonare ognuno il proprio arrangiamento sul tema e nelle diverse sue forme e tonalità.
Il tema del territorio è quello che oggi va per la maggiore, cosa che mi porta indietro all’autunno 1984 a Sanremo.
È stato quando mi strapparono alle funzioni manageriali paracomunali di stampo privatistico che stavo svolgendo per realizzare il nuovo Mercato Fiori di valle Armea e l’Aurelia bis e obtorto collo mi hanno costretto a occuparmi per un quinquennio di urbanistica e di edilizia residenziale pubblica e privata in veste di assessore comunale.
Come Dante all’Inferno il mio Virgilio è stato il compianto professore Pierandrea Mazzoni, sommo giurista, già magistrato coraggioso e memoria nel famedio dei sanremaschi illustri, una guida che mi ha aperto la strada della conoscenza più come amico che come consulente.

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Da lui ho imparato l’effimera delicatezza della pianificazione del territorio, il suo rapporto ancillare con l’economia, l’ossequio di entrambe all’ambiente, la strumentalità dell’edilizia e l’importanza strategica dei lavori pubblici.
E soprattutto mi ha fatto capire come tradure tutto ciò in azione politica unitaria, equilibrata e coerente, in capo all’ente pubblico territoriale e non ai singoli portatori di interessi particolari e contingenti.
Mi sento di dire, sulla base di quel lontano insegnamento e di quella mia esperienza che Tano nei tre anni della sua amministrazione a Ventimiglia si è mosso bene ricercando la sintesi politica nel triangolo “pianificazione-economia-ambiente”, con un PUC vecchio e anacronistico, con un bilancio asfittico e scarse risorse a disposizione e con criticità ambientali, naturali e antropiche, di ogni genere e specie.
Il suo segreto è stato lo stesso del motto che questa mattina il Presidente Giorgia Meloni ha rivolto al Parlamento: “Agevolare chi fa impresa, non disturbare chi vuole fare”.
Fosse anche un Principe, come per il Porto degli Scoglietti e per Cava Grimaldi, aggiungo io scherzando.
“Tutte cose sovrumane che nella Blade Runner intemelia voi minuscoli pifferai umani non potreste neppure immaginarvi” è la mia conclusione

Bruno Giri

Bomba Sporca

In primo piano

Aspettando la bomba sporca nel deserto della steppa ucraina, questo è il momento dei bombardamenti, cattivi quelli russi perché terroristici e buoni quelli euro-atlantici perché difensivi.
Ragion per cui quelli euro-atlantici li paghiamo due volte noi che invochiamo la pace a Sant’Egidio, donando bombe buone e pagando bollette stratosferiche.
Avevo 9 anni quella notte di martedì 13 luglio 1943 quando a Torino dall’una e trentatré alle due e quarantacinque sono stato bombardato da 763 tonnellate di bombe buone, erano di calibro grosso (1.000 libbre) e grossissimo (2.000 e 4.000 libbre) con il contorno di spezzoni incendiari alla termite e accompagnate dalle new entry nella cantina bellica della Perfida Albione, le bottiglie e i bidoni di benzina al fosforo.
Mi bombardavano per il mio bene, a scopo liberatorio, pedagogico e educativo, 250 bombardieri inglesi, Lancaster, Wellington, Stirling e Halifax, peccato che quella notte 792 persone siano morte, ma cosa volete? capita!
Allora a negare che fossero buone erano i fascisti, adesso sono i putiniani.
Io oggi non ci sono in Ucraina e non posso dire, ma a Torino c’ero e ricordo che prima piovevano le bombe dirompenti e poi sulle macerie cadevano a pioggia enormi quantità di ordigni incendiari per impedire l’intervento dei pompieri e bloccare infrastrutture e servizi a rete.
Non piovevano su installazioni strategiche militari o industriali ma di notte su quartieri cittadini intensamente abitati, i fascisti dicevano che erano bombe cattive perché terroristiche.
Ma erano fascisti.

Bruno Giri

Nella fattoria politica intemelia c’è chi è convinto di avere trovato la password per entrare negli “Arcana Imperii”, ma è solo Photoshop

In primo piano

Nella fattoria politica intemelia c’è chi è convinto di avere trovato la password per entrare negli “Arcana Imperii” dopo aver pelato patate e lavato piatti per qualche anno in cucina.
L’opinione individuale non esiste per questi hacker della democrazia, per loro il consenso collettivo si conquista dietro lo schermo di un computer muovendo telematicamente legioni di anonimi burattini.
È sufficiente disegnare sui social i profili senza volto di alcuni diadochi di Tano e subito i Metternich della tastiera organizzano un Congresso di Vienna e allacciano i fili invisibili del Potere sulle rive del Roya.
Condividono, in pratica, con l’uomo della Santa Alleanza che anche “Ventimiglia” e non soltanto l’Italia è una “espressione geografica” e che il suo concetto di popolo riguarda il dialetto e non ha “valore politico”.
Senza però il finale: “In Europa allo stato attuale esiste un solo vero uomo politico, ma disgraziatamente è contro di noi. È il conte di Cavour”.
Lo nascondono non perché lunedì scorso se ne è impossessato Berlusconi ma perché pensano a Tano, uno che è contro di loro.
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Più passa il tempo e più mi persuado che Gramsci aveva ragione da vendere quando già 87 anni fa scriveva che il potere sovrano “per Grazia di Dio e Volontà della Nazione” non esiste più: “Il potere è la capacità di fare, la politica è decidere che cosa fare.”
Il problema è che il “fare” che occorre decidere e di cui bisogna essere capaci non è più quello dei suoi tempi.
Oggi, diciamocelo chiaro e guardandoci negli occhi, il politico “casual” eletto in qualsiasi ruolo in un qualsiasi Comune italiano e quindi anche a Ventimiglia, ha di fronte un “trilemma”.
O si adatta a essere il pupazzo “Rockfeller” di un burocrate apicale ventriloquo a sua volta incaprettato in un modello organizzativo connesso, tipo l’urbanistica intemelia dell’ultimo triennio.
Oppure non lo accetta per i più vari motivi, tipo scontro frontale sulla protezione civile o buccia di banana della Coop di via Tacito.
Oppure, e questo è il caso di Tano, esternalizza e appalta i servizi in cucina e in sala e nei briefing quotidiani detta il menu, e come si fa nell’impresa impartisce le informazioni e le istruzioni necessarie, consapevole del proprio ruolo di “decisore” politico e non di esecutore tecnico o burocratico.
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Una specialità trend sui social è quella culinaria, con immagini di manicaretti sui fornelli o impiattati.
L’altro giorno il nostro metaforico cuoco capo partita ne ha pubblicato una sui social, precotta e alle Calandre e al Porto degli Scoglietti.
La sua intenzione era chiaramente quella di far sapere al mondo di essere presente negli “Arcana Imperii” a dare una mano al loro titolare, il Commissario prefettizio.
Però lo ha fatto usurpando le competenze tecniche del responsabile del procedimento, il burocrate apicale rimasto senza un pupazzo “Rockfeller” da far parlare.
Minestra riscaldata sul fornello di una Conferenza dei Servizi, tipo quella decisoria del
1° luglio scorso che ha approvato il progetto definitivo della pista ciclopedonale tra via Tacito e via Dante e della traslazione della passeggiata a mare, o tipo quella del precedente 12 aprile che ha fatto altrettanto per il progetto definitivo della passerella ciclopedonale sul fiume Roya, messa in sicurezza degli argini nel tratto terminale e riqualificazione urbana.
In questo caso, però, non si è trattato di opera pubblica comunale ma di opera di difesa costiera di un privato sub-concessionario del Demanio marittimo pubblico, progettata e eseguita a sua cura e spese per mettere in sicurezza la Falesia di Punta della Rocca, precedenti opere da lui eseguite in sub-concessione e altri ambiti marini e terrestri da esse interessati e coinvolti, esposti a criticità di varia natura.
Cinque mesi ad oggi, domenica 23 ottobre 2022, si era concluso il procedimento tecnico-burocratico di approvazione del progetto definitivo con la determinazione conclusiva del 23 maggio 2022 n. 408 che ha chiuso la relativa Conferenza dei Servizi.
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È un manicaretto fatto col Photoshop perché i meriti aggiunti sono postumi e surreali, tutto si è svolto “secundum natura” direbbe Lucrezio, come il sorgere del sole o il cadere della pioggia.
Però c’è anche un risvolto apologetico in tutto questo.

Ieri mattina il soggetto privato ha iniziato i lavori mentre il soggetto pubblico delle due Conferenze dei Servizi che citavo prima e di ogni altra Conferenza futura e/o in corso dovrà aspettare anni e anni prima di poterlo fare e questo a onta e discredito dei carbonari ai quali i cuochi insubordinati e i loro  adesso fanno la serenata dietro lo schermo di un computer.

Bruno Giri

Perché tutti i miei salmi finiscono in gloria, quella di Tano

In primo piano

Ieri pomeriggio una amica e coetanea mi chiedeva perché tutti i miei salmi finiscono in gloria, quella di Tano.
Insolente e scherzosa, ha voluto sapere se lui mi pagava per incensarlo oppure se si trattava di una mia “idea fissa”, la classica monomania senile che si manifesta sotto forma di una ostinazione ossessiva sistematizzata.
In effetti, esclusa la prima ipotesi, ironica e provocatoria, la seconda non ha più smesso di ronzarmi in testa.
Colpa dell’orticaria che esplode ogni volta che mi imbatto nella vittima di qualcuno che, per dirla con Einstein, “ha ricevuto solo per errore il cervello: un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente”.
E Tano è come il miele per le mosche, ne attira interi sciami.
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L’eruzione cutanea, devo premettere, scatta in me in automatico e non guarda al colore della pelle, non si ferma alle idee e neppure alla storia della vittima, è sufficiente il torto inflitto da uno al quale il cervello non serve, il malvagio intelligente non ce la fa a provocarla.
Fruttero e Lucentini ci sono andati giù pesanti, lo hanno chiamato cretino e alle sue gesta hanno dedicato monografie, io preferisco la definizione di Einstein che non offende nessuno e poi, oltre tutto, in me interviene subito un potente antidoto, mi passa appena prendo le parti della sua vittima.
Da giovane reagivo a tutto, non andavo troppo per il sottile e nelle mie autoradio sono transitate cassette, floppy MP3 e chiavette USB di ogni genere e colore, dagli Inti Illimani a Joan Baetz, dalle canzoni anarchiche agli inni falangisti, dalle ballate sovversive al Chè e all’Internazionale, l’inno proletario mondiale.
Poi in vecchiaia ho imparato a scartare le persone malvagie e a selezionare solo quelle, magari brave persone, però dotate di cervello superfluo e questo perchè le loro cazzate non avendo movente o giustificazione razionale colpiscono nel profondo la mente e il cuore.
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Dopo la premessa maggiore passo a quella minore, il torto inflitto a Tano.
Per capirlo serve il cantastorie sanremasco che racconta la battaglia navale dei “ventimigliusi” arrivati nel golfo di Sanremo, davanti a Santa Tecla.
Avevano scavato il tronco di un fico per farne un cannone e lo avevano riempito di polvere da sparo e chiodi.
Accesa la miccia il cannone era esploso a bordo squarciando lo scafo e mentre il barco colava a picco il capitano commentava: “Sacranun! Se sul nostro barco c’è tutto questo, chissà che disastro abbiamo fatto nel “paise” nemico!”.
Ecco, Tano è un “ventimigliuso” che vede le cose dal lato opposto del cannocchiale e la ciurmaglia carbonara che “ha ricevuto solo per errore il cervello” e che ha affondato il barco gli ha fatto un torto “ad personam”.
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La conclusione è sotto gli occhi di tutti, soprattutto delle persone normali, di quelle più semplici, dei non addetti ai lavori, di chi non si appassiona ai bla-bla-bla della amministrazione pubblica fai-da-te.
Ai loro occhi paralizzare la città per un intero anno è vandalismo, come quello notturno all’oasi del Nervia o in città con l’arredo urbano o quello di chi imbratta i muri e abbandona la rumenta dove capita.
Quelli che lo negano non lo fanno col cervello ma con altri organi diversi anche dal midollo spinale di Einstein, chi lo fa col fegato per rancore personale, chi lo fa con la pancia perché “tiene famiglia” e chi lo fa con altri organi, orifizi e protuberanze che non nomino ma che è facile intuire.
Ecco il sillogismo che mi spinge, a gratis, a prendere le parti di Tano, tutto lì.
Bruno Giri

Parola di gabelliere

In primo piano

In una delle mie vite precedenti ho fatto per sei anni il gabelliere.
Anzi, sono stato l’ultimo direttore a Sanremo, dopo di me l’imposizione locale e diretta sui consumi sarà abolita e prenderà il via la finanza derivata con i trasferimenti taglieggiati dal pizzo dello Stato.
Erano i primi Anni Settanta e nel mezzo secolo che ne è seguito nel mio piccolo in ruoli e mute diverse cavalcherò da “surfer” lo tsunami riformatore che doveva cancellare l’eredità del “bieco ventennio” non soltanto in campo tributario.
Oggi mi guardo indietro e con tristezza infinita mi sento al tempo stesso spettatore e partecipe di un assurdo inganno.

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Mi spiego.
Tutte le riforme con le quali ho avuto a che fare erano ispirate al Vangelo della Costituzione come capitoli di un Messale sul quale la democrazia celebrava ogni volta una “Missa Solemnis” con il “Te Deum” finale.
Con la madre di tutte le riforme, il decentramento regionale dello Stato etico fascista, eravamo partiti forte, a Genova ricordo l’esordio con Gianni Dagnino primo presidente della nascente regione e con i suoi due dg Badano & Lombardo.
Da dirigente mi erano toccati in sorte un paio di settori nei quali l’apparato centrale era fortemente radicato in Liguria con strutture e con personale di un certo rilievo, tipo quelli dei tre Enti nazionali di formazione professionale o quello dei servizi su base comunale per il diritto allo studio, tipo i patronati scolastici.
Ma tutte le riforme erano recalcitranti, Roma non ha mai mollato del tutto l’osso, e con fondi nazionali da spartire, leggi-quadro autoritratto e materie riservate, come con Penelope si riprendeva di notte quello che aveva mollato di giorno.
Alla fine, mezzo secolo dopo, lo Stato che era chiamato a realizzare la Costituzione, un po’ come la Chiesa con il Vangelo, ha invece ottenuto l’opposto, come un prete che confonde la parole di Dio con la liturgia del messale.

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Torno da dove sono partito e dove l’inganno si tocca con mano, il livello comunale e in particolare per ragioni empatiche non più a Sanremo ma a Ventimiglia.
Qui, come in ogni altro comune d’Italia, si celebra la liturgia elettorale, non c’è più il podestà ma si elegge direttamente il sindaco, si applica il principio cardine della prossimità, solo temperato da quelli delle tre “e”, -efficienza, efficacia e economicità- attraverso la partecipazione a livelli sovracomunali.
Qui come dappertutto il rituale burocratico è digitale, imprigionato in un server monitorato a Genova e a Roma da secondini che vigilano sul rispetto del messale che vuole tutti i comuni uguali di fronte alla divinità statale e al Dio minore regionale.
Cioè, esattamente agli antipodi del principio costituzionale di prossimità secondo il quale tutti i comuni, ai vari livelli territoriali e demografici, sono diversi.
L’inganno è questo: per esempio quasi un secolo fa il podestà Agosti spiegò a Mussolini che i giocatori emigravano a Montecarlo e ottenne il casinò, invece il futuro sindaco compilerà moduli digitali che con un clic finiranno in un algoritmo senza anima e senza memoria e non otterrà un cazzo.
In compenso lo Stato si ricorderà del Roya nel PNRR non per metterlo in sicurezza in base alle prescrizioni urgentissime del Piano di Bacino ma per aprire altri due pozzi nel suo subalveo e poi dirottarli lontano.
Lo stesso Stato che ignora il muro francese contro il quale a Ventimiglia vanno a sbattere i migranti che poi restano lì storditi e abbandonati e che ha dimenticato le sue sovrastrutture ferroviarie e stradali in disarmo che hanno sequestrato e ibernato vaste porzioni strategiche del territorio comunale, come cetacei spiaggiati da decenni.

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Ne parlo perché qui a Ventimiglia il confronto non è tra persone chiamate a cliccare, ma tra chi accetta questo ruolo passivo da robot, pensa anzi di avere solo lui il ditino giusto per schiacciare il tasto, e invece chi, come Tano Scullino, non si è mai appiattito sull’inganno che sostituisce lo Stato etico fascista ma attento alle diversità con un server nazionale e regionale che applica un messale omogeneizzatore e egualitario.
Tano è una specie di rabdomante che trova l’acqua pubblica e privata dove per tutti gli altri c’è il deserto.
E se lo dice un gabelliere che nel tempio comunale ha riscosso dai fedeli le decime evangeliche e non un’elemosina decimata da uno Stato rapace dovete credergli.

Bruno Giri

Il “duck test” di Bruno Giri

In primo piano

“Se sembra un’anatra, nuota come un’anatra e starnazza come un’anatra, allora probabilmente è un’anatra” è il mio “duck test” nel quale sostituisco il palmipede con il bipede che, a sua volta, si candida a sostituire Tano come sindaco di Ventimiglia.
Per ora siamo ancora all’abduzione, un sillogismo claudicante, che serve a cercarlo nella culla per poi affidarlo alle cure di Erode.
I primi vagiti provengono dai social e per ora sono solo dei “ballon d’essai” per saggiare il vento che tira.
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In questi giorni di attesa del nuovo Governo nazionale si discute sul ruolo dei politici e dei tecnici come fossero due categorie antropologiche contrapposte, quella dei primati cercopitechi che si arrampicano sulle poltrone e quella dell’homo sapiens, pensoso e saggio custode della Scienza e dei nostri destini.
Dietro a tutto questo, diciamocelo, si nasconde chi rimpiange un banchiere rettiliano a sangue freddo che custodisce i Misteri Eleusini o chi sogna un Platone alla Osho che nell’Areopago di Palazzo Chigi intrattiene i discepoli sul significato dell’Essere e sulla lotta tra il Bene e il Male.
Per i sindaci è peggio perchè non esiste una disciplina accademica che laurei scienziati specializzati nella loro specifica materia che è onniscientifica e tutto-logica su base ecumenico-universale.
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Ecco perché nella mia personale “Fattoria degli Animali” l’anatra è incerta e probabile.
E non solo per il “Chi?” ma soprattutto per il “Quale?”, visto che un sindaco non è mai uguale a un altro e che le diverse sotto-categorie si intersecano, si sovrappongono e si confondono.
Personalmente da funzionario e da amministratore pubblico, da dirigente di Partito e da privato cittadino ho avuto a che fare con una quantità enorme di sindaci e mi sono fatto una mezza idea sul loro genus e species animali.
Il mio primo sindaco era di Sanremo eletto nel secondo dopoguerra, ma lo conoscerò da ex, da avvocato, quando mi difese da una querela dei missini Gigino Bensa e Bruno Tamponi offesi da un mio articolo sul “Popolo Ligure” dal titolo “Nostalgici inquieti” che toccava non la loro nostalgia politica ma l’inquietudine amministrativa.
Dopo di lui tutti gli altri, a partire da Asquasciati nel 1951 a Sanremo fino a Scullino, oggi a Ventimiglia.
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Nel vasto campionario per me i migliori sono stati i sindaci, chiamiamoli: “fantasisti”, sia che la fantasia fosse la loro e sia invece che appoggiassero efficacemente quella altrui.
Qualche esempio aiuta a capire, tipo quello dell’economia di scala che ti dice che “besogna esse ben dù de scorsa a nu capì che l’uniun fà a forsa” e spinge i Comuni a associarsi per i servizi a rete, dal ciclo dell’acqua alla distribuzione del gas, dalla commercializzazione dei fiori allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
In questo campo il primo cittadino può essere un ostacolo per il suo miope egoismo di campanile o di Partito, come è accaduto contro Rivieracqua a Ventimiglia con Ioculano, a Sanremo con Biancheri e con Capacci a Imperia.
Oppure può essere una risorsa quando accetta e si accolla con coraggio oneri e rischi collettivi di carattere finanziario, operativo e di impatto ambientale a carico del proprio Comune e a favore di tutti gli altri.
Come si è verificato a Sanremo con i vari Pancotti, Parise, Vento, Pippione, Oddo e Bottini nei diversi casi dell’acquedotto del Roya, del Mercato dei Fiori, del raddoppio ferroviario, delle discariche di Valle Armea e altro ancora.
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Dei peggiori sindaci non farò i nomi e mi limito a dire che la loro più grave colpa non è la disonestà, come si ama credere, ma l’inutilità.
Personaggi prestati all’Amministrazione pubblica che hanno svolto ruoli decorativi per soddisfare piccole ambizioni personali, o per miserabili interessi di bottega o a scopo meramente promozionale mentre passavano treni che non sarebbero mai più tornati indietro e si perdevano occasioni imperdibili.
Amministratori che hanno operato telecomandati dall’esterno o col pilota automatico burocratico dall’interno.
Averne conosciuti tanti ha rafforzato in me l’opinione che vince la gara a chi è il peggior sindaco non quello disonesto che porta a casa le mele ma l’inutile che lascia seccare l’albero.
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Non so se alla fine Erode sia stato graziato per la sua selezione dei primogeniti che ha spalancato le porte all’avvento del Messia, però il Malthus politico che è dentro di me vorrebbe la sterilizzazione delle anatre man mano che scendono nel Roya a nuotare e a starnazzare, e credetemi lo dico non per promuovere il provvidenziale ritorno di Tano ma per evitare a Ventimiglia le sette piaghe che tengo per me e che non vi dico.
Sappiatevelo.

Bruno Giri

Chi non si è mai rifugiato nella logica assolutoria del gruppo, e ha saputo mantenere la propria individualità

In primo piano

Coperti dal segreto e senza vincolo di mandato i senatori ieri a Roma hanno confermato di essere “boni viri” e al primo turno hanno eletto Ignazio La Russa loro presidente.
Poi, sul fatto che il Senato per Cicerone sia una “mala bestia” faccio un distinguo perché non tutto il male viene per nuocere.
Per esempio diventa un bene quando la malvagità collettiva e impersonale del Senato non serve ad assolvere ma a condannare il pugno di congiurati che ha assassinato Cesare e che ha pugnalato Scullino e quelli che nel quadrunvirato elettorale di centrodestra non hanno votato La Russa.
Lo penso nel tirar fuori dall’album di famiglia di tre anni fa il triangolare tra Berrino, La Russa e Scullino a Ventimiglia in un quadretto da aggiornare e che vede il primo conquistare il laticlavio, il secondo salire alla presidenza del Senato e del terzo mostrare al popolo di Ventimiglia la tunica insanguinata come Marco Antonio con quella di Cesare.
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Tre pecore nere che per un verso o per l’altro non si sono mai rifugiate nella logica assolutoria del gruppo e che hanno sempre saputo prendersi le proprie responsabilità individuali, nel Governo regionale, all’opposizione del Governo nazionale o alla guida della propria Città, ognuna nel proprio ruolo.
Oggi in una comunità politica manipolata da meccanismi ultra sofisticati non condividere la banalità del male è follia suicida.
Né più né meno come ai tempi di Gesù quando a metterlo in croce è stato il gruppo, cioè prima il Sinedrio e poi la folla convocata da Ponzio Pilato, due entità impersonali che lo avrebbero assolto se soltanto avesse rinnegato tutto e smesso di dirsi il Messia.
Così i tre congiurati che il 23 giugno scorso hanno fatto cadere l’Amministrazione Scullino hanno un nome e un cognome però la logica perversa del sinedrio leghista li ha resi anonimi, si è assunta la paternità del gesto e ha convertito il male in bene.
Di fronte alla condanna del 25 settembre scorso la mala bestia si rifugia nella matrioska CDU, Centro Destra Unito, con una chiamata di correo che grida vendetta al cospetto di Dio e degli uomini.
Un elettore su tre a Ventimiglia ha scelto un senatore “bonus vir” e tale rimarrà, conoscendolo ne sono certo, soprattutto dopo aver visto all’opera al Senato 16 disertori assolti dalla logica della “mala bestia” che confonde tra lealtà di gruppo, omertà e complicità di cui non sa pentirsi

Bruno Giri